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Per uno di quei paradossi da cui non va certo esente la storia di quelli che la terminologia ecclesiastica della Chiesa romana definisce "Istituti di perfezione", ossia il vasto mondo degli ordini religiosi, anche il movimento camaldolese, scaturito dalla ricerca d'assoluto di Romualdo da Ravennae dei suoi discepoli, nella solitudine remota delle foreste e dei monti, si è rivelato, nel tempo e nello spazio, di un'eccezionale fecondità sul piano della scrittura o più precisamente, giacché queste righe aprono una riflessione in tema di archivi, delle scritture. Se, infatti, il padre degli "eremiti razionali" - come lo definisce san Bruno Bonifacio - non ha lasciato la minima testimonianza scritta della sua singolare opera di fondatore e di riformatore, le molte generazioni di eremiti e di monaci che ne hanno perpetuato il carisma, avrebbero prodotto una mole davvero impressionante di documenti. Alle origini degli archivi camaldolesi, come degli altri, profani ed ecclesiastici, vi sono chiaramente ragioni di pratica utilità, il bisogno cioè di conservare, contro sempre possibili contstazioni.